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Intimidazioni: pericoli, segnalazioni, web e sensibilizzazione

10 Giugno 2021

Il confronto tra i relatori alla giornata formativa promossa dalla Prefettura di Milano con Anci Lombardia

“Il questionario ha censito i membri dell’organo politico ed è stato ritenuto altrettanto necessario censire le altre figure interne all’organizzazione comunale; inoltre la ricerca ha voluto proiettare sia le intimidazioni subite dai pubblici agenti che quelle subite da familiari e collaboratori.” Così Lavinia Filieri, Dottoranda in Studi sulla criminalità organizzata presso l’Università degli Studi di Milano, ha introdotto la presentazione dell’indagine sugli atti intimidatori destinati agli amministratori locali durante la giornata formativa promossa dalla Prefettura di Milano con Anci Lombardia.
La ricercatrice ha considerato che “il 76% degli aderenti al questionario ha detto di non aver subito intimidazioni, mentre nel novero dei 25% che le ha subite, il 39% ha subito condotte di screditamento, calunnie, diffamazioni o minacce attraverso il web. Si rileva però che lo screditamento non sempre viene visto come intimidazione. A livello temporale, un risultato che ci preme sottolineare è che la maggior parte degli intervistati non colloca precisamente l’episodio all’interno di uno specifico atto ma più generalmente in relazione all’attività amministrativa.”
Filieri ha continuato evidenziando che “l’intimidazione è spesso preceduta dall’avvicinamento o da richieste equivoche avanzate dai medesimi soggetti”; mentre ha considerato che “la risposta in merito alla denuncia a seguito dell’atto intimidatorio rivela che spesso non vi sono denunce perché si ha paura oppure perché si ritiene che ricorrere all’autorità giurisdizionale non porta a soluzioni. Considerando quale epilogo abbia avuto la denuncia, stupisce che spesso la risposta è “nessuno sviluppo”” Infine Filieri ha commentato come “deve far pensare che sulla legge 105/2017, una legge speciale e espressamente tagliata per gli amministratori locali, ci sia poca conoscenza”.

Dopo la presentazione dei dati si è avviato il confronto tra i relatori, aperto da Roberto Di Stefano, Sindaco di Sesto San Giovanni e Presidente del Dipartimento Sicurezza di Anci Lombardia, per il quale “i numeri che descrivono quanti Sindaci hanno ricevuto intimidazioni sono dei numeri importanti da un punto di vista amministrativo e gestionale della cosa pubblica.” Per Di Stefano “è emerso anche dallo studio che avete presentato oggi, come sia sempre più presente gli esposti temerari. Infatti, quando espletiamo un bando o un avviso pubblico, chi è stato escluso spesso utilizza la tecnica dell’esposto temerario, solitamente all’ANAC, e questo, da un lato, fa comparire su tutti i giornali il Sindaco e, dall’altro, fa irrigidire l’atteggiamento dei tecnici del Comune che temono quando firmano gli atti. Per questo è importante l’iniziativa avviata oggi, perché si deve spiegare ad amministratori e operatori comunali come procedere.”

Ha quindi preso la parola Fabio Bottero, Sindaco di Trezzano sul Naviglio e Coordinatore regionale di Avviso Pubblico, per il quale “le poche denunce sono una criticità forte che emerge dal questionario, così come gli esposti temerari”. Bottero ha evidenziato il problema della scarsa conoscenza della legge per gli amministratori sotto tiro, e ha aggiunto che oggi si è fatto “difficile il rapporto tra cittadinanza e amministratori locali, esasperato anche da questa crisi, pertanto ben venga il percorso che iniziamo oggi”. Il Sindaco di Trezzano sul Naviglio ha evidenziato come “non possiamo accettare che la persona colpita dall’intimidazione venga lasciata sola o si senta sola, va interrotto il circolo vizioso perché molte persone, anche motivate, rinunciano a partecipare all’attività amministrativa dopo questi episodi”, e ha indicato come, quando si verificano episodi intimidatori, vi sia “un pronto intervento per garantire e mostrare la presenza dello Stato”.

Presente il Professore Nando Dalla Chiesa, Presidente di dell’Osservatorio sulla Criminalità Organizzata dell’Università degli Studi di Milano, che ha sottolineato come “il fenomeno intimidatorio non si riduce a un solo episodio ma ha una dimensione processuale, perché sta dentro un processo poliedrico di condizionamento che ha diversi momenti.” Dalla Chiesa ha ricordato come ci sia “un clima di incertezza del diritto che permette di procedere, e questo ci richiama a un’esigenza di controllo del territorio, anche per una funzione educativa”, perché “c’è una sensazione che permette la diffusione di questo fenomeno e che ha come effetto la comparsa di prime incrinature e sfilacciamenti, perché nasce una inclinazione al compromesso. Le condotte intimidatrice colpiscono in un processo cumulativo dei beni personali come la tranquillità, la sicurezza, gli affetti, la libertà delle decisioni, … e questo processo è da arrestare”. Il professore ha inoltre considerato come “a livello amministrativo c’è una sottovalutazione delle intimidazioni, perché il caleidoscopio delle intimidazioni ha uno spettro molto vario, l’intimidazione segue più vie e non è detto che quelle che seguono le vie della legalità siano le più tranquille. Il merito di questa ricerca è di avere posto in termini molto chiari il livello di pressione che viene esercitato sulla amministrazione pubblica di una azione che ha mille facce.”

Ha approfondito il tema dell’omertà il Procuratore aggiunto e Capo della direzione distrettuale antimafia, Alessandra Dolci, che ha affermato di essere rimasta colpita dalle mancate denunce degli episodi intimidatori, e quindi le prime “sono in numero limitato rispetto al nostro contesto territoriale.” Dolci ha considerato come “il contesto lombardo è caratterizzato dalla presenza di realtà malavitose, generalmente in Comuni medio-piccoli, perché lì vi è una minore attenzione del mass media e vi è la possibilità di intrattenere relazioni opache col mondo politico amministrativo locale. Perché però ci sono così poche denunce?”, si è chiesta il Procuratore aggiunto, evidenziando come “Spesso dobbiamo notare che nelle indagini veniamo a conoscenza casualmente di alcuni atti, o perché abbiamo l’analisi dei “reati spia”. Capisco che in questo momento l’indice di credibilità dell’ordine giudiziario non sia particolarmente elevato ma noi siamo qua e siamo pronti ad ascoltare.” Dolci ha proseguito osservando che “vi sono pubblici amministratori che intrattengono relazioni molto opache con i rappresentanti del mondo della criminalità” e per questo “non hanno denunciato episodi. Il messaggio che voglio dare è quello che si deve denunciare, perché è un dovere e perché conviene, al fine di non lasciar pensare che una persona non sappia da che parte stare”.

La tavola rotonda si è chiusa con l’intervento di Tiziana Liguori, Dirigente della Polizia Postale di Milano, che ha ricordato come “nel web le intimidazioni abbracciano una pluralità di condotte: minacce, diffamazioni, hate speech, body shaming”. Per far fronte a questa problematica si hanno a disposizione delle “strategie di prevenzione: cercare di evitare la sovraesposizione mediatica; dare sempre una comunicazione asettica e oggettiva dell’azione amministrativa; selezionare attentamente i momenti di confronto con la cittadinanza e gli stakeholders; utilizzare e valorizzare le funzioni dell’ufficio stampa, monitorando la rete, verificando le fonti e curando la web reputation.” Dal punto di vista del contrasto, Liguori ha osservato che si deve attivare una tempestiva denuncia, procedendo con la cristallizzazione dell’episodio al fine di non cancellare le prove.”

In conclusione è intervenuto il Presidente di Anci Lombardia, Mauro Guerra, per il quale “abbiamo molto lavoro da fare e davanti abbiamo la costruzione di un piano e di un’agenda di lavoro. Indico due piste da seguire: una è quella sottolineata dal professor Dalla Chiesa in merito al processo e al contesto che creano la condizione ambientale che lascia spazio all’intimidazione, l’altra riguarda la necessità di convincere alla necessità della denuncia.”

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