Anci Lombardia



Notizie Circolari Multimedia Dipartimenti AGENDA BILANCIO SOCIALE

Chi Siamo Organi Come associarsi Contatti Newsletter Lavora con noi Amministrazione trasparente

Accedi
NOTIZIE

welfare locale

Agostoni: "deliberazioni programmatiche di ampio respiro adottate dopo aver sentito i Comuni"

10 Febbraio 2021

La relazione del Presidente del Dipartimento Welfare di Anci Lombardia al webinar "Dalla sanità alla promozione della salute"

Arriviamo a questo appuntamento di verifica della legge regionale 23 dopo cinque anni dalla sua approvazione e - mi sento di aggiungere – dopo che questo difficile periodo della pandemia da COVID 19 ha costituito di fatto una specie di “stress test” del funzionamento della legge stessa. 
Anci Lombardia, in rappresentanza dei Comuni Lombardi si è sempre posta quale interlocutore nei confronti della Regione sui temi, come quelli socio sanitari, sui quali i sindaci sono costantemente sollecitati dalle proprie comunità. Ed è proprio per questa sollecitazione che ANCI chiede con forza alla Regione di poter partecipare ed interloquire sulla revisione della legge.
In questo senso, dopo averne discusso sia a livello di Dipartimento Welfare e di Dipartimento Attività Istituzionali sia nel Direttivo e nell’Assemblea, Anci Lombardia ha elaborato un documento, già trasmesso alla Regione, in cui si esprimono alcune prime valutazioni e le conseguenti proposte di modifica della legge.
Si parte da una premessa: si è spesso pensato alla sanità solo come cura della malattia… Si è così sostanzialmente oscurata la multidimensionalità dei determinanti della salute e del benessere, e si è così sminuito, fin quasi a perderlo, il ruolo centrale ed essenziale, a fianco della scienza e della tecnica medica, delle amministrazioni locali, di chi amministra le comunità e i territori.

Si vorrebbe allora partire proprio da qui riprendendo alcuni degli obiettivi che la legge 23 esplicitava, obiettivi peraltro condivisibili:
- Favorire l’integrazione sociosanitaria;
- Migliorare il rapporto ospedale – territorio;
- Rafforzare il ruolo degli enti locali per quanto riguarda la programmazione in ambito sociosanitario.
Obiettivi dicevo condivisibili che tuttavia, in questi anni di applicazione della legge si sono persi o comunque decisamente indeboliti. Come dicevo prima il periodo pandemico ne ha ulteriormente evidenziato le criticità.

Cerco allora di declinare alcuni temi, descritti nel nostro documento
INTEGRAZIONE SOCIO-SANITARIA E INTEGRAZIONE DELLE POLITICHE 
Su questo tema registriamo notevoli criticità. E’ vero che si tratta di un tema che si dibatte da oltre 20 anni come è stato ricordato anche in un recente convegno per i 20 anni della legge 328 del 2000; integrazione socio sanitaria definita come “la grande incompiuta”.
Per quanto riguarda la legge 23, ma anche provvedimenti più recenti come la DGR 3525 sul “Potenziamento e Riorganizzazione della rete di Assistenza Territoriale”, occorre dire che la Regione assume dell’integrazione solo la declinazione di carattere professionale dimenticando quella decisamente più rilevante di carattere istituzionale. Per meglio chiarire il concetto: non si fa integrazione solo perché si assume, oltre ai medici e agli infermieri, anche alcuni assistenti sociali e psicologi. Questo è un primo passo certamente importante, necessario ma decisamente insufficiente lungo il percorso dell’integrazione dove le istituzioni, con ruoli chiari e definiti, devono poter collaborare.
Ne derivano alcune proposte che cerco di riassumere.
A Livello Regionale: dare piena attuazione a quanto disposto dalla LR 23 (art. 27 ter) prevedendo un unico  Assessorato alla salute e politiche sociali (Welfare); riallineare le indicazioni e le norme di riferimento rispetto alla programmazione sanitaria, sociale e sociosanitaria armonizzando le Leggi Regionali n. 23/2015 e n.3/2008; conseguentemente allineare pure le scadenze programmatorie poste in capo ai Comuni e agli Ambiti per ricondurre ad un filone unitario, le diverse politiche.
A Livello Locale assumere la prospettiva distrettuale quale area geografica omogenea di riferimento per strutturare dei coordinamenti sovra Ambito territoriale, anche al fine di facilitare una maggiore razionalità e omogeneità nei percorsi di integrazione tra le politiche sociosanitarie e le politiche sociali; prevedere che ASST, Distretti e Ambiti, possano co-programmare modelli operativi interaziendali misti e integrati per garantire servizi condivisi e co-progettati; costituzione di Tavoli Istituzionali per l’integrazione sociosanitaria a livello di Distretto con ASST coinvolgendo gli Ambiti.

RAPPORTO FRA OSPEDALE E TERRITORIO
E’ a questo livello, in particolare sul polo territoriale, che, un po’ da parte di tutti, si sono rilevate le maggiori criticità e debolezze nell’applicazione della legge 23.
Da una parte la non chiarezza di ruoli e funzioni fra ATS e ASST non ha aiutato: ne sono esempio le diverse aree di sovrapposizione e gli esempi sono molteplici, rilevati anche da interlocutori più qualificati. Ne cito solo uno: gli infermieri di famiglia o di comunità, figure certamente importanti e provvidenziali rispetto al tema della medicina territoriale: sono assunti dalle ASST ma la programmazione degli interventi si deve interconnettere anche con i MMG e i PLS che fanno invece riferimento alle ATS. 
La debolezza della medicina territoriale penso sia un tema declinato da tutti gli interlocutori con cui anche come ANCI ci siamo confrontati, a partire ovviamente dai Sindaci agli Ordini dei Medici. E’ purtroppo venuto meno quel  continuum assistenziale tra la realtà ospedaliera, nella quale trova la sua collocazione il trattamento dell’acuzie, e il territorio che deve prendersi cura delle fasi precedenti e successive all’ospedalizzazione specialistica. 
Occorre un significativo investimento sulla dimensione territoriale in termini di migliore pianificazione, progettazione, organizzazione, nonché potenziamento delle risorse finanziarie, umane e strumentali dedicate. 

Anche qui mi limito ad elencare alcuni interventi proposti.
Incentivare la Medicina di Gruppo e prevedere quindi  Aggregazioni funzionali di MMG e PLS, che riescano a disporre di personale amministrativo e a collaborare con il personale infermieristico e ostetrico, al fine di garantire un servizio e una copertura oraria migliori e ridurre così l’accesso ai Pronto Soccorso Ospedalieri.
Per favorire la continuità ospedale-territorio, occorre dare attuazione alla DGR n. 2019/2019 relativa al riordino e alla riclassificazione dei PRESST, dei POT e delle degenze di comunità con una particolare attenzione a potenziare gli interventi per le cure intermedie/post acuzie in modo che la presa in carico della cronicità possa essere attuata in maniera capillare ed efficiente.
Occorre potenziare i servizi sociosanitari anche incrementando numericamente le figure professionali in essi previste. Dobbiamo infatti registrare in alcuni territori lombardi un depotenziamento in tal senso avvenuto nel quinquennio di applicazione della LR 23. 
Importante a questo proposito quanto disposto a livello nazionale con l’introduzione, richiamata anche prima, dell’infermiere di famiglia o meglio di comunità a supporto della presa in carico territoriale, in stretta collaborazione con i MMG e PLS. 
Occorre individuare e definire delle strutture presso le quali riunire i servizi di assistenza continuativa, di medicina generale (MMG e PLS), servizi di prevenzione, i servizi socio-assistenziali. Il riferimento va ai distretti o comunque a strutture simili alle Case della Salute e alle Unità Complesse di Cure Primarie.  
Andrebbero peraltro riprese e valutate alcune esperienze virtuose, condotte sul territorio lombardo prima dell’entrata in vigore della LR 23, in particolare in alcune aree montane, con modelli unitari organizzativi della programmazione e della gestione sia degli ospedali che dei servizi territoriali, con un soddisfacente livello di risposta ai bisogni del territorio.

IL RUOLO DEI COMUNI E LA RAPPRESENTANZA NELLE ATS E ASST: LE RELAZIONI ISTITUZIONALI
Il tema del rapporto e del ruolo dei Comuni riguarda il problema della Rappresentanza. Come noto gli organismi di Rappresentanza dei Comuni interagiscono solo con le ATS mentre si rapportano con le ASST solo per la disponibilità (che dobbiamo riconoscere si è quasi sempre verificata) dei rispettivi Direttori Generali. 
Infatti con l’avvento della LR 23, contrariamente a quanto si sarebbe dovuto verificare, i Comuni hanno visto rarefarsi il peso della loro partecipazione e rappresentanza all’interno degli organismi per la programmazione e gestione locale delle politiche e degli interventi sanitari e sociosanitari. 
Questo perché la legge 23, che ha assegnato alle ASST le materie di maggiore integrazione (dai Consultori familiari alla psichiatria, dall’ADI alle cure palliative fino ai diversi interventi rivolti alle persone con disabilità e i non autosufficienti, o ai servizi contro le dipendenze), ha di fatto escluso i Comuni da una interlocuzione formalizzata anche su questi specifici settori. 
In sintesi l’interlocuzione con le ATS risulta quasi pleonastica da parte delle Conferenze dei Sindaci e dei Consigli di Rappresentanza viste le attuali dimensioni territoriali delle ATS, mentre laddove le dimensioni territoriali (ASST) permetterebbero una positiva interlocuzione non è previsto alcun organismo.
Ne consegue che le proposte sulla Rappresentanza degli Enti Locali necessariamente si intersecano con le proposte relative al dimensionamento e alle funzioni rispettivamente previste per ATS e ASST.
Considerato che le ATS dovrebbero svolgere la funzione di Programmazione, si potrebbe prevedere un’unica Agenzia Regionale o comunque in subordine, se le ATS devono rimanere,  occorre ridefinirne la dimensione territoriale (ora troppo vaste). 
Tutte le funzioni gestionali dovrebbero essere poste in capo alle ASST rivedendone dove necessario la zonizzazione e rendendo reale ed operativo il sociosanitario presente nell’acronimo: ne devono quindi far parte tutti i Dipartimenti, anche quelli attualmente incardinati nelle ATS, tutti i servizi e i presìdi che riguardano le prestazioni previste dai LEA. Nell’unica azienda vanno cioè ricomposte le funzioni di prevenzione, diagnosi cura e riabilitazione sia per quanto riguarda i servizi e le strutture ospedaliere che territoriali. Ne consegue che anche la Rappresentanza degli Enti Locali deve esplicitarsi a questo livello, valorizzando e ridando vita alla dimensione Distrettuale in concomitanza con quella delle ASST.

Concludo con una sottolineatura di carattere procedurale.
Per poter riconfermare e dare consistenza ad una leale cooperazione tra Regione e Comuni in materia sociosanitaria, si ritengono di fondamentale importanza alcune prassi che dovrebbero essere assunte.
A livello regionale alcune deliberazioni programmatiche di ampio respiro dovrebbero essere adottate  dopo aver sentito il parere delle rappresentanze dei Comuni Il riferimento potrebbe essere il Consiglio delle Autonomie Locali (CAL), quale organo di consultazione permanente tra la Regione e il Sistema delle autonomie locali lombarde. 
Il parere su alcuni specifici argomenti, da individuarsi preventivamente, dovrebbe essere obbligatorio (intese forti, sul modello del rapporto già vigente nella Conferenza Stato / Regioni). Altri argomenti potrebbero invece essere coperti da una “intesa debole”, meno garantista nei confronti delle competenze comunali.
Analogo modello di relazioni istituzionali dovrebbe essere proposto territorialmente nella relazione tra le ASST e i Comuni, definendo quindi le materie da sottoporre ad intesa forte e quali ad intesa debole.
Ho evidentemente tralasciato altri argomenti, altrettanto importanti (come il riordino della Rete Ospedaliera che dovrebbe essere valutato in un confronto a livello regionale con il CAL (Consiglio delle Autonomie Locali) e nei rispettivi territori con le Conferenze dei Sindaci e il coinvolgimento delle Province. 
Altro argomento che cito soltanto riguarda il tema del rapporto strategico tra pubblico e privato in materia di sanità, da rivedere affinché anche l’offerta convenzionata sia dimensionata e organizzata a partire dalle esigenze e dagli obiettivi complessivi di salute dei territori.
Permettetemi da ultimo una battuta, che rivolgo alla Regione: basta sigle e acronimi nuovi che confondono i cittadini; se proprio serve riprendiamone qualcuna di quelle che ormai la gente aveva interiorizzato, come ASL e Distretto (e non ASST e PREST che al di là delle difficoltà a pronunciarle hanno portato notevoli confusioni).

ANCI Lombardia © 2024  |  C. fiscale 80160390151  P. Iva 04875270961