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No al dimezzamento dei fondi per i servizi sociali comunali

9 Marzo 2011

La lettera del Presidente di ANCI Lombardia Attilio Fontana pubblicata oggi da Il Sole 24 ore.

Se non si porrà rimedio al dimezzamento del finanziamento nazionale e regionale ai Comuni sulle politiche sociali le conseguenze sui servizi comunali saranno molto serie. In gioco non ci sono presunti sprechi del servizio pubblico, e nemmeno servizi cui i cittadini potrebbero in ultima istanza rinunciare. In gioco questa volta c’è una vita decorosa per le categorie più disagiate. Ci sono le risposte che noi sindaci siamo chiamati a dare quotidianamente a chi ci chiede aiuto e assistenza.
Dal Fondo nazionale delle politiche sociali ai Comuni lombardi arriveranno nel 2011 31,9 milioni di euro, il 40% in meno rispetto al 2010 e il 66% in meno del 2008. Questi fondi fino a oggi hanno garantito il funzionamento dei piani di zona stabiliti dalla legge 328/00, e quindi i servizi sociali, l’assistenza alle famiglie, l’affido e i servizi per i giovani. Il fondo per l’assistenza ai cittadini non autosufficienti, nel 2011 sarà addirittura cancellato. E il fondo regionale che fino a oggi aveva permesso ai Comuni di tamponare le continue falle che derivano dai tagli dello Stato, sarà anch’esso più che dimezzato e passerà da 85milioni a 40 milioni di euro.
I Sindaci lombardi sono molto preoccupati perché non sanno più dove tagliare senza arrecare dolore: con questa nuova tornata di tagli potrebbe toccare all’accompagnamento per disabili, alla consegna dei pasti a domicilio, ai centri di ascolto per le famiglie, ai servizi d’integrazione e supporto per i giovani problematici.
Il tutto, è bene ricordarlo, avviene a fronte di tagli già effettuati a danno dei Comuni per 1,5 miliardi nel 2011 e 2,5 nel 2012, e senza dare minimo peso al fatto che il comparto comunale sia stato l’unico di tutta la pubblica amministrazione ad avere migliorato il suo saldo di bilancio (+1,2 miliardi nel 2008, contro il -20 miliardi di tutta la PA). La convinzione è che risparmi sulla spesa statale si possano ancora fare, eliminando sprechi e diseconomie, senza per questo toccare nella carne viva servizi essenziali per i cittadini. Questo perché con i tagli del passato, oggi i Comuni non possono più sopperire alle mancanze degli altri livelli governativi. Un esempio è il budget della sanità, che da Stato e Regione non è stato scalfito quando invece, probabilmente, qualche economia in più in quel settore si potrebbe fare.
Lo scorso 2 marzo abbiamo chiesto e ottenuto un incontro con l’Assessore regionale alla Famiglia e Solidarietà sociale Giulio Boscagli. A lui abbiamo fatto presente l’assoluta necessità che i tagli della Regione vengano reintegrati in sede di assestamento di bilancio. Il finanziamento delle politiche sociali deve essere ancora considerata una priorità. 
All’Assessore abbiamo inoltre richiesto che nella nuova legge regionale sui servizi sociali sia contemplata la compartecipazione alla spesa delle famiglie degli utenti con disabilità grave, nel caso in cui esse siano in grado di affrontarla.
Una recente sentenza del Consiglio di Stato (511/2011) ha affermato la validità di questo principio. Anci Lombardia in questi anni ha condotto a nome dei Comuni lombardi una battaglia per garantire ai cittadini non autosufficienti il diritto all’assistenza, con particolare attenzione per quegli utenti le cui famiglie non sono in grado di sostenerne le spese. Lo riteniamo un punto fondamentale a difesa dell’uguaglianza sociale tra i cittadini, da perseguire con particolare decisione in un momento in cui le risorse economiche a disposizione dei comuni sono sempre più scarse.
E’ ovvio che se ci fossero le risorse sufficienti, i Comuni dovrebbero e vorrebbero garantire gratuitamente a tutti il servizio di assistenza, dal momento che si tratta di cittadini con disabilità grave; ma a fronte di stanziamenti che si assottigliano l’unica soluzione equa è chiamare le famiglie che se lo possono permettere a compartecipare alla spesa di assistenza del loro congiunto. Solo in questo modo i fondi dei Comuni saranno sufficienti per garantire assistenza gratuita a quegli utenti che non hanno alle spalle la sicurezza economica di famiglie agiate.
Alla luce di questo orientamento e partendo dal fatto che il reddito famigliare è applicato agli altri servizi a valenza sociale erogati dai Comuni, ci aspettiamo che i legislatori, a partire dalla Regione, intervengano nella direzione del riconoscimento della compartecipazione delle famiglie che se lo possono permettere alle spese di assistenza. E riconoscendo ai Comuni il loro ruolo centrale nell’assistenza sociale dei cittadini.
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