Spesa corrente aumentata del 3%, ma i Comuni incidono per lo 0,2%
“Il peggioramento dei conti pubblici durante il 2009 è andato di pari passo al deterioramento del ciclo economico innescato dalla crisi finanziaria internazionale”. E’ uno degli elementi di contesto messi in evidenza dal Rapporto Ifel 2010 presentato oggi, da cui emerge una finanza pubblica debole per via della crisi economica e sotto pressione a seguito della crisi del debito della Grecia. Alla contrazione del 5,0% del Pil registrata nel 2009 si è accompagnata una repentina risalita del deficit della P.A., che è passato dal 2,7% del 2008 al 5,3% in rapporto al Pil. Il rapporto ricorda come alla “formazione del forte disavanzo hanno concorso essenzialmente l’impennata delle uscite correnti, cresciute di 3 punti percentuali rispetto al 2008 al netto degli interessi, e una lieve contrazione delle entrate correnti (-0,3% in quota al Pil), cui ha fatto da contraltare la leva fiscale straordinaria che ha prodotto un maggior gettito di parte capitale per quasi un punto percentuale di Pil”. Inoltre “il contributo alla crescita dell’indebitamento delle principali poste di bilancio non si è materializzato solo in virtù del crollo del Pil, ma è stato determinato anche dalle dinamiche di crescita sostenute sul fronte della spesa corrente al netto degli interessi”. Nel biennio 2008-2009 queste infatti sono cresciute cumulativamente di quasi il 9% rispetto alla fine del 2007. Di converso la contrazione del gettito fiscale nello stesso periodo è stata meno che proporzionale alla caduta del prodotto interno lordo, generando un aumento della pressione fiscale di un decimo di Pil rispetto al 2007. Il quadro della finanza pubblica ereditato dalla crisi economica che ha investito il Paese nel corso del biennio 2008-2009, in sintesi, si “compone di un sostanziale controllo delle entrate e di un significativo avanzamento della spesa corrente, che inevitabilmente determinano la necessità di interventi correttivi su quest’ultimo versante al fine di contenere ulteriori debordi del saldo di bilancio”. In particolare, dall’analisi per comparto della P.A. con riferimento alla dinamica della spesa corrente al netto degli interessi, emerge come i “3 punti percentuali di maggiore spesa in rapporto al Pil siano stati determinati in prima battuta dagli oneri previdenziali (1,4 punti percentuali) e dallo Stato (0,9% del Pil), e in misura residuale da Regioni (0,5%) e Comuni (0,2%)”.
Patto di stabilità violato dal 10% dei Comuni nel 2009
“Il Patto di stabilità è stato violato da circa un ottavo dei Comuni nel 2007, da meno del 6% nel 2008 e da circa il 10% nel 2009”. E’ quanto emerge dal rapporto Ifel 2010 riguardo gli effetti del Patto di stabilità interno nel triennio 2007-2009. I fattori che hanno determinato le maggiori difficoltà sono stati la volatilità delle regole fiscali, che ha determinato una forte incertezza nei pagamenti in conto capitale, e le azioni estemporanee sul versante delle entrate, in particolare, lo sblocco per un solo anno della leva fiscale. Il saldo di comparto è passato da un valore negativo di 1.700 milioni di euro nel 2006 ad un avanzo di circa 250 milioni nel 2009, con un miglioramento di circa 2000 milioni prodotto dai soli Comuni con più di 5000 abitanti, ad eccezione di Roma, esclusa dal calcolo. Nel rapporto si evidenzia come “la distribuzione territoriale dei Comuni che hanno violato il Patto nel corso del triennio, sia in ciascun anno che in media, mostra una leggera prevalenza degli Enti del nord, mentre le migliori performance si registrano al sud”. Se nel 2007 infatti “la percentuale di Comuni che avevano violato il Patto rispetto al totale degli enti assoggettati era superiore al 15% al sud e di poco inferiore all’11% al nord, nel 2009 le parti risultano invertite, con i Comuni del nord che infrangono il Patto nel 13,1% dei casi, contro una percentuale di violazione che al sud si colloca all’8,1%, per scendere ulteriormente nei Comuni del centro, che appaiono essere strutturalmente i più virtuosi da questo punto di vista”. Infatti “nella media del triennio solo il 6,2% dei Comuni dell’area centrale del Paese ha violato il Patto, contro il 9,7% degli Enti meridionali e il 10,2% di quelli del nord”.
La manovra 2010 taglia la spesa del 2,1%
L’impatto della manovra finanziaria per il 2010 produce sui Comuni un effetto sulla spesa del 2,1%, pari a circa 22 euro per ogni cittadino. Quanto all’incidenza sulla spesa, la manovra colpisce maggiormente i Comuni del Sud, con un taglio implicito della spesa complessiva del 2,4% seguita da quelli del Nord, dove l’obiettivo incide per il 2,1% e infine dai Comuni del Centro, con un taglio dell’obiettivo dell’1,6%. E’ la fotografia scattata dal Rapporto Ifel 'Il quadro finanziario dei Comuni' presentato oggi a Roma nel corso di una conferenza stampa presso l’istituto sulla finanza locale dell’Anci.
Secondo lo studio, per effetto della manovra nel 2010 il 56% degli enti dovrà registrare un avanzo, mentre il restante 44% pur restando in disavanzo dovrà conseguire un sostanziale pareggio. Invece, per il biennio 2011-2012 la correzione finanziaria imposta ai Comuni vale complessivamente 4,6 e 5,6 miliardi di euro, pari a quasi 100 euro pro capite nel 2011 e quasi 120 euro per abitanti nel 2012.
Considerando anche la posizione di Roma, che nel 2010 è sostanzialmente esclusa dal rispetto del Patto, la manovra colpisce in modo particolare il Centro, con un obiettivo lordo che nel 2012 raggiunge i 140 euro pro capite, contro i 111 imposti sia ai Comuni del Sud che a quelli del Nord.
In termini di sostenibilità – sottolinea ancora il Rapporto - la manovra imposta per il biennio 2011-2012 impegna tutti i Comuni a raggiungere l’avanzo finanziario, al netto dei tagli dei trasferimenti, che vale circa il 3,2% delle entrate complessive. A questo va aggiunto che più di un terzo dei Comuni dovrà realizzare nel 2011 un taglio della spesa superiore al 10%; una eventualità che, detta in altri termini, significa che oltre un quarto degli enti dovrà chiedere ai propri cittadini un contributo superiore ai 100 per abitante.
Quanto al livello di insostenibilità della manovra Ifel parla di una crescita sensibile nel 2012 con la metà dei Comuni che si troverà nella posizione di dover tagliare la spesa per di più del 10% e circa il 35% di essi dovrà chiedere una contributo maggiore di 100 euro procapite. “Tali livelli di insostenibilità sono abbastanza equamente distribuiti lungo tutto il territorio per il 2011, mentre tendono a concentrarsi maggiormente nel Mezzogiorno a partire dal 2012, quando la manovra tende a penalizzare maggiormente i Comuni del Sud”, conclude l’istituto per la finanza locale.
Riallocazione della manovra, i Comuni preferirebbero la rimodulazione del Patto
Tra le tante ipotesi di rimodulazione della manovra, i Comuni accordano una discreta preferenza a quella che mantiene il taglio dei trasferimenti e rimodula il solo obiettivo del Patto di stabilità. Tutto questo sia per gli effetti redistributivi generati, sia, e soprattutto per il miglioramento sostanziale del grado di sostenibilità che produce. E’ la conclusione cui giunge l’Ifel che, nel rapporto sul ‘Quadro finanziario dei Comuni', preso atto dell’impossibilità di modificare la dimensione della manovra, ha studiato sei ipotesi alternative per una differente riallocazione dei suoi pesi. In particolare il mantenimento del taglio dei trasferimenti e la rimodulazione del Patto di stabilità – spiega l’Ifel - peggiora debolmente tanto la posizione dei Comuni del Nord che quelli del Sud, rispettivamente l’aggravio pro capite sarebbe di 4 e 8 euro, mentre i Comuni del Centro si avvantaggerebbero di una misura pari a 22 euro nell’arco del biennio 2011-2012. Inoltre la percentuale di Comuni con un taglio implicito della spesa superiore al 10% si collocherebbe intorno al 7%, mentre quelli con una manovra superiore ai 100 euro pro capite non sarebbero più dell’11% circa. Tuttavia il Rapporto Ifel sottolinea come la contropartita rispetto a questa ipotesi di rimodulazione della manovra è la rinuncia all’autonomia di scelta sui mezzi per raggiungere gli obiettivi posti.
Tra le altre possibilità esaminate dai tecnici dell’istituto, una volta ribadito che la manovra a legislazione vigente è quella “foriera di maggiore insostenibilità”, vi è anche quella di uno slittamento di parte della manovra (700 milioni di euro) dal 2011 al 2012. Questa ipotesi secondo l’Ifel “genera nel secondo anno della programmazione un livello di sostenibilità della correzione impraticabile sul solo versante della spesa e, quindi, presuppone lo sblocco della leva fiscale per quest’anno”.
Quanto alla possibilità di introdurre elementi distintivi basati su criteri di virtuosità, le analisi svolte dall’istituto per la finanza locale dell’Anci hanno mostrato come la dimensione della manovra sia tale che anche spostamenti marginali generano casi di oggettiva insostenibilità della correzione finanziaria imposta. “Sotto queste condizioni estreme per la finanza locale, e tenendo presente che esistono poche certezze circa il modo di misurare la virtuosità di un Ente – evidenzia il rapporto - sarebbe preferibile accantonare questa ipotesi ed attenersi a criteri oggettivi e stabili nel tempo, per garantire una maggiore sostenibilità ai conti dei Comuni”.
Rughetti, questa manovra penalizza gli investimenti dei Comuni del Nord
La sommatoria dell'attuale manovra economica del governo e della manovra triennale (dl 112) gia' varata, "da' come risultato complessivo la cifra di 100 miliardi di euro. Un sacrificio uguale a quello deciso dalla Germania, e superiore a quello della Francia". E' quanto fa notare il segretario generale dell'Anci, Angelo Rughetti, che oggi e' intervenuto alla conferenza stampa di presentazione del Rapporto Ifel 2010 sul Quadro finanziario dei Comuni.
Traendo le proprie deduzioni dai dati forniti dal Rapporto Ifel, Rughetti afferma inoltre che "emerge chiaramente che le citta' italiane sono piu' povere rispetto a 5 anni fa, e quelle piu' colpite sono paradossalmente le citta' del Nord. E' chiaro infatti - spiega Rughetti - che questa manovra colpisce innanzitutto gli investimenti, e di conseguenza i territori piu' penalizzati sono proprio quelli in cui gli investimenti sono maggiori, ovvero le citta' del Nord".
Se dunque nel resto d'Europa, a fronte della crisi, "si e' deciso di investire sulle citta', in Italia e' avvenuto il contrario". Questa situazione, per Rughetti, e' dovuta "al Patto di stabilita' interno, che in Italia e' stato declinato in modo sbagliato".
Se la situazione attuale non e' delle migliori, "il futuro prossimo non sembra prospettare grossi miglioramenti". Unica "fiammella di speranza - afferma Rughetti - sembra cogliersi in prospettiva, dato che dalla Relazione sul federalismo fiscale sembra emergere la volonta' di intraprendere un cammino che prevede una forte interlocuzione tra Comuni e livelli di governo centrale".
Infine il segretario generale dell'Anci enumera i rischi maggiori insiti nel percorso di attuazione del federalismo: "Innanzitutto la questione dell'Imu. Non bisogna confondere l'istituzione della tassa unica con il processo di riforma fiscale. Quest'ultimo - spiega Rughetti - richiede tempi lunghi per vederne i primi effetti. I Comuni, invece, hanno bisogno di poter contare su entrate certe nel brevissimo periodo, soprattutto nella fase iniziale del federalismo".
L'altra osservazione del segretario generale dell'Anci riguarda la perequazione: "Naturalmente l'Anci e' disponibile a svolgere questa funzione - afferma - ma e' un controsenso parlare di perequazione prima di sapere in che modo verranno redistribuite le risorse. Anteporre la perequazione al resto e' segno ulteriore della confusione che regna intorno al tema del federalismo fiscale".