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NUOVI PARADIGMI

Pubblica Amministrazione: il paradosso della semplificazione complessa

9 Maggio 2017

A Milano un incontro di Centro Icona e Anci Lombardia su criticità e indicazioni per ottenere risultati concreti

Parlare di semplificazione amministrativa è senza dubbio complesso. Ma il raggiungimento di questo risultato - una PA più semplice, per chi sta dietro e per chi sta di fronte allo sportello - rappresenta un risultato imprescindibile. Se ne è parlato nel corso dell'approfondimento sulla semplificazione amministrativa promosso dal Centro Icona e da Anci Lombardia, martedì 9 maggio presso l'Aula Crociera Alta della facoltà di Giurisprudenza dell'Università degli studi di Milano.
L'incontro ha preso le mosse dalla considerazione che lo scenario di riferimento non è esattamente così come appare e come viene descritto: amministratori e ministri, per esempio, mettono sempre più spesso il tema della semplifcazione della PA in cima alle priiortà della propria agenda di lavoro, pur raramente però proponendo un approccio valido, duraturo e concreto. E, ha osservato Walter Castelnovo, "occorre leggere con attenzione le graduatorie che vedono l'Italia sempre nelle prime posizioni per efficienza della Pubblica Amministrazione, perchè quelle classifiche sono autocertificate dai Ministeri".
In realtà, il lavoro da fare è molto e il rischio di perdersi, alto. Come alto è il rischio di focalizzarsi solo sull'esigenza di riscrittura delle norme, dimenticando l'importanza di definire un disegno, dell'implementazione e della valutazione delle politiche regolative. Politiche di cui i vincoli giuridici sono solo uno degli ingredienti.

Lo ha sottolineato, ripetutamente, la prof.ssa Gloria Regonini, che ha espresso un vero e proprio decalogo e per ridurre la complessità amministrativa:

1. Serve un approcco interdisciplinare
2. Semplificare è aggiungere, non togliere
Come ampiamente dimostrato dalla inutilità dei tagli al corpus di norme esistenti, è casomai la aggiunta di nuovi contributi, come quelli che possono arrivare dalle scienze sociali, dalla psicologia cognitiva, dal management, dalla sociologia della pubblica amministrazione.
3. Lost in translation: regulation non è regolamentazione
Regulation sta per rule making, una delle modalità con cui attivare le politiche regolative a cui attingere solo quando le altre falliscono. La regolazione è un tipo di politica pubblica che ha come obiettivo la tutela di un bene pubblico: la salute, l’ambiente che il mercato tende a garantire in modo sub ottimo. Gli strumenti per attivarla sono molteplici: informazione, educazione, auto regolamentazione, incentivi e solo infine il rule making.
4. La regolazione fatta bene riduce i costi per i cittadini e le imprese
E questo accade nel medio e nel lungo periodo, grazie a una politica pubblica basata sui concetti di valutazione dei rischi, analisi costi/benefici, proporzionalità, valutazione della propensione alla compliance, spostamento dell’azione repressiva dalla fase ex ante, quella delle autorizzazioni, a quella ex post, con la predisposizione di marcatori di difformità che segnalino quando qualcosa sta andando storto.
5. Burocrazia è incapacità di modulare l’interazione con i regolati
La maggior parte dei governi non riesce a lavorare in questa logica: mancano competenze e non interessa acquisirle. Il primo passo è quindi un forte investimento in banche dati, abbandonando il sistema “one size fits all”
6. La burocrazia è l'incapacità di apprendere dagli errori
Occorre una seria valutazione di dove e quando sono falliti i tentativi di semplificazione. Tenendo presente che anche la stampa non va oltre la facile etichetta “per colpa della burocrazia”
7. Occorre capire le logiche e le illogiche dei diversi attori
8. La buropatologia è il senso di insicurezza personale
Si privilegia la propria autotutela invece di mettersi al servizio della amministrazione. Serve uno stretto confronto tra behavioural sciences e scienze giuridiche.
9. Ci sono differenze fondamentali tra front office e back office
Per fare front office semplice serve uno straordinario investimento nel back office; si richiede la continua osservazione dei concreti comportamenti degli utenti. Occorre anche tenere sempre in conto del valore aggiunto della integrazione tra il digitale e il contatto umano a km 0.
10. Occorre una strategia urgente per la consumer advocacy
Dietro lo sportello della PA in Italia la media dell'età del personale è molto più alta della media OCSE. E spesso gli operatori si trovano a relazionarsi con persone non alfabetizzate come ci si aspetterebbe.

SUAP? Funziona, ma in modo disomogeneo
In tema di semplificazione, un progetto senza dubbio trasformato in modo concreto sul territorio è quello dello Sportello Unico. Tracciarne una fotografia aggiornata è toccato a Luciano Fasano, che ha preso in particolare in considerazione Monza, Firenze e Napoli: "Il principale problema è la fortissima disomogeneità tra modelli organizzativi, che sono molto diversi tra loro. C'è il modello in transizione come quello di Monza, quello completamente informatizzato come Firenze e quello diffuso sul territorio come a Napoli".
Anche la crescente commistione tra modalità cartacea e digitale si è rivelata in qualche caso un boomerang, per via della eccessiva frammentarietà dei portali digitali, che ancora una volta non sono in grado di garantire eguaglianza di trattamento. Quali soluzioni è quindi possibile adottare: Fasano riassume: "Standard comuni minimi, per garantire omogeneità del trattamento; riduzione dei tempi di trattamento delle pratiche e monitoraggio dei trattamenti, con rating a livello nazionale e locale dei soggetti proponenti istanza ripetutamente, così da potersi muovere, almeno in questo caso, in modo più rapido".

Suona come una provocazione ma è in realtà uno spunto di riflessione importante quello proposto da Walter Castelnovo, Università dell’Insubria; che si è chiesto: "Siamo sicuri che serva davvero una svolta digitale? In Brasile ha avuto grande successo un camper con a bordo i funzionari della PA che girava per le favelas e non era per nulla informatizzato". E ha precisato: "La digitalizzazione potrebbe non servire, considerando che i comuni non possono fare nulla per le lungaggini del diritto civile, di competenza del governo centrale, a cui va imputata la maggior parte dei ritardi e delle inefficienze".

Indicazioni per un cambio di paradigma della PA
E' toccato al segretario generale di Anci Lombardia, Pier Attilio Superti, aprire la tavola rotonda finale coordinata da Nicola Pasini, dando indicazioni su come definire un nuovo paradigma per la Pubblica Amministrazione: "Paradossalmente, ogni volta che si prende un provvedimento per semplificare la PA, si complicano le cose. Pensiamo a quanto hanno complicato il raggiungimento degli obiettivi alcune legislazioni recenti, da quella sul consumo di suolo a quella del codice degli appalti. Dobbiamo quindi trovare soluzioni partendo innanzitutto dalla omogeneizzazione delle procedure, perchè questo ci chiedono i cittadini e questo è il compito della politica, che non si limita ad aggregare il consenso, ma deve anche dare una direzione di marcia". Due sono quindi le linee guida, secondo Superti, per una definizione di uno scenario innovativo:

1. non considerare l'amministrazione pubblica e gli amministratori come male assoluto

2. riconoscere autonomia e responsabilità a chi viene delegato

Sarà inoltre necessario togliere molti dei cavilli e degli adempimenti da seguire, definendo con precisione chi fa cosa, "non serve che due istituzioni facciano la stessa cosa". Infine, un'osservazione sulla Gestione Associata, evocata da alcuni come possibile soluzione per la semplificazione: "Funziona se ci sono coerenza e costanza nel tempo per raggiungere gli obiettivi prefissati", ha concluso Superti. 

In chiusura, Alessandro Colombo di Eupolis e Manuela Giaretta di Regione Lombardia hanno focalizzato l'attenzione sull'assunzione di responsabilità che gli amministratori devono praticare per lasciarsi alle spalle il focus sulle procedure in favore dell'ascolto e della ricerca di soluzioni.

(Valeria Volponi)

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